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Meditazione di S.B. Card. Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei latini: II Domenica d’Avvento

Meditazione di S.B. Card. Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei latini: II Domenica d’Avvento

10 dicembre 2023

II Domenica d’Avvento, B

Mc 1, 1-8

Nei momenti difficili, quando si attende e si spera in un aiuto che in qualche modo verrà, c’è sempre qualcuno che vede per primo la via della salvezza.

Qualcuno che ha affinato lo sguardo del cuore, che ha attinto da parole che vengono da lontano e per questo solo capaci di illuminare un nuovo tratto di strada.

Costui ha un compito preciso e fondamentale: avvisare tutti di ciò che sta avvenendo, perché anche quelli che ancora non vedono, possano rendersi conto, aprire gli occhi, svegliarsi dal loro torpore. Possano risvegliare l’attesa che portano in sé.

Il suo compito è determinante, come quello del portinaio di cui parlava il Vangelo di domenica scorsa (Mc 13,34): vede per primo il ritorno del padrone, e avvisa tutti quelli che sono nella casa.

La storia della salvezza è costellata da queste figure, da questi profeti che annunciano il ritorno di Dio che rinnova l’alleanza con il suo popolo. Spesso non hanno vita facile, perché aprirsi alla novità richiede una presa di coscienza profonda di ciò che ci abita, che può non essere compresa dagli altri. Per questo molti di loro sono stati rifiutati, esclusi; alcuni anche uccisi.

Nel Vangelo di oggi (Mc 1, 1-8) questo “portinaio” è Giovanni. Siamo proprio all’inizio del Vangelo di Marco, ed è un inizio che richiama il primo inizio della storia della salvezza. La prima parola, infatti, è proprio “inizio”, “principio” (Mc 1,1).

La novità vera, infatti, parte sempre da un ritorno a ciò che era in principio, a ciò che sta alle fondamenta: è questo che i profeti sono chiamati ad indicare.

Qual è questo fondamento, su cui poi costruire tutta la casa?

Il fondamento è la Parola che Dio ha pronunciato nei secoli e che ora si compie.

Non una parola qualsiasi, ma la combinazione di tre brani biblici evocati e composti insieme, per dire tutta la novità che sta accadendo: c’è il Libro dell’Esodo (Es 23,20), dove è presentato l’angelo che Dio invia al suo popolo per accompagnarlo e guidarlo nel cammino verso la terra promessa; c’è l’evocazione di un versetto del profeta Malachia (Ml 3,1), che ricorda che il popolo è in cammino non solo verso la terra promessa, ma anche verso il giorno grande e terribile del giudizio finale. E poi c’è davvero il profeta Isaia (Is 40,3), che annuncia la liberazione dalla schiavitù e l’inizio di un nuovo esodo, che riporterà il popolo alla terra promessa.

Tutto questo, dunque, definisce la missione di Giovanni, che deve aprire la porta ad una novità, ad una svolta definitiva della storia di Dio con il suo popolo: l’annuncio di libertà che è risuonato nei secoli sta per compiersi, e non bisogna perdere l’occasione, quel “kairos” di cui parlavamo domenica scorsa.

Giovanni deve “solo” ascoltare la Parola e farla risuonare, farsi portavoce dell’annuncio che ha ricevuto.

Dove fa questo?

Pur essendo di una famiglia sacerdotale, Giovanni non va a predicare nel tempio, ma si sposta nel deserto (Mc 1,3): non i riti, non i sacrifici daranno la salvezza, ma la nudità di un cuore che ascolta e che si pente, la fiducia di un cuore che tutto attende da Dio.

E se domenica scorsa la parola chiave era “casa”, oggi la parola che più ritorna è quella che indica il sentiero, la via, la strada: in pochi versetti (Mc 1, 2-3) ritorna 3 volte.

Per dire che l’invito del Battista è quello di rimettersi in cammino, proprio come fanno gli abitanti della Giudea e di Gerusalemme (Mc 1, 5), che accorrono verso il Giordano. È un cammino fisico, il loro, ma anche un cammino interiore, quello di chi scende nel profondo del proprio cuore e scopre la necessità e la possibilità di pentirsi.

E forse, proprio questo pentimento è il modo per “raddrizzare” (Mc 1,3) le vie del Signore.

Quando in una città arrivava l’imperatore, o un personaggio importante, si preparavano le strade e, se era necessario, se ne facevano di nuovo: e si facevano strade dritte, non tortuose, perché il venire del re fosse più celere e più solenne.

Questo è l’invito del Battista, che anche oggi sembra dirci: non un re, ma il Signore stesso sta venendo.

Egli viene non come gli altri potenti, che vengono per esigere e per prendere: Lui, al contrario, ci donerà il suo stesso Spirito.

Preparategli dunque le strade, sapendo che per farlo non serve operare grandi cose, ma semplicemente ritrovare il principio, il fondamento, ovvero il dialogo con il Signore, che viene a rivelarci la sua via di misericordia, per aprirci la via della conversione a Lui.

+Pierbattista