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Domenica delle Palme : discorso di mons. Pizzaballa al termine della processione

9 aprile 2017

Domenica delle Palme – Breve discorso al termine della processione pomeridiana

Carissimi fratelli e sorelle.

Carissimi fedeli che siete giunti qui da tutte le parti della Terra Santa, da Gerusalemme, dalla Palestina e da Israele.

Cari pellegrini giunti da tutte le parti del mondo per celebrare con noi questo giorno solenne.

A tutti voi giunga la pace di Cristo!

Saluto in particolare gli Scouts e i vari gruppi che dopo la cerimonia continueranno a manifestare in tutta la città portando con sé le loro tradizioni e le loro rispettive comunità. Il Signore vi benedica tutti!

Oggi abbiamo fatto una bella esperienza di Chiesa. Abbiamo camminato insieme e cantato, abbiamo gioito e alcuni hanno anche ballato insieme, pur senza conoscersi, pur senza avere una lingua in comune. Abbiamo fatto una bella esperienza di Chiesa, perché ci siamo sentiti uniti, tutti insieme, nella gioia di appartenere tutti a Cristo. In lui ci siamo ritrovati. In lui ci siamo compresi. Non abbiamo bisogno di parlare la stessa lingua, perché i cuori già si sono intesi.

Oggi Gerusalemme ha conosciuto e toccato con mano la gioia di essere cristiani. Oggi questa gioia, che in genere rimane nascosta come il seme sotto terra, oggi è diventata visibile attraverso la vostra presenza gioiosa e numerosa.

Oggi, come ogni anno da duemila anni, siamo entrati con Cristo nella Città Santa, ripercorrendo il suo stesso percorso di duemila anni fa, per proclamare a tutti e a gran voce che Lui è il nostro re e che apparteniamo a Lui.

Ma guai a noi se ci limitassimo solo a seguire il suo percorso geografico e dimenticassimo di seguirlo nella sua vita e con la nostra vita.

Da qui Gesù ha proclamato la sua regalità. Il suo trono, tuttavia, non è basato su un potere umano, ma sulla croce. Dalla croce lui ha vinto il mondo. Al termine di questa celebrazione riceveremo una benedizione da una reliquia proprio di quella stessa croce che dal Calvario ha regnato e continua a regnare sul mondo.

Se noi vogliamo seguirlo, se vogliamo appartenere a Lui non solo a parole, dobbiamo seguirlo fin li. “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me!” (Mt 10, 38), dice Gesù.

La croce, tuttavia, non è segno di dolore e sofferenza, ma è innanzitutto la misura del suo amore per noi. È quello l’amore che ha vinto il mondo. Seguirlo sulla croce, significa amare secondo la sua misura, cioè fino alla fine. Appartenere al suo Regno significa essere capaci di amore, come lui ci ha mostrato.

Il re Messia che oggi entra in Gerusalemme giudicherà tutti i popoli seduto sul trono della croce.

Li giudicherà degni del suo amore e della sua salvezza. Non sarà un re geloso delle sue prerogative, non avrà bisogno di mostrare la sua autorità con la forza.

Porterà la pace, e lo farà non facendo guerre né usando violenza a nessuno, ma assumendo su di sé tutto il male, tutto il rifiuto, tutto il peccato del mondo. Nulla rimarrà fuori da questo abbraccio infinito.

Ma siccome lo farà per amore, la morte su di lui non avrà potere, perché tutto ciò che è amore è più forte della morte. E la pace verrà da lì, da una riconciliazione donata a tutti, ugualmente, senza merito, che ci rende tutti ugualmente fratelli.

In questa città, dove divisioni, odio e sospetto sembrano sempre prevalere, dove nella vita quotidiana sperimentiamo quanto sia difficile riconoscersi fratelli nella comune umanità, dove l’altro a volte diventa fonte di minaccia e di paura, noi cristiani siamo chiamati a dire chi siamo e a chi apparteniamo. Sperimentiamo, infatti, ogni giorno difficoltà di ogni genere: nel lavoro, negli spostamenti, nella famiglia, nelle relazioni di ogni genere. Tutto diventa pesante, complicato ed è difficile testimoniare nella vita quotidiana la gioia della vita cristiana.

Ebbene, qui oggi, in questa bella assemblea con la sola nostra presenza noi annunciamo che siamo forti e che comunque vinceremo. Non abbiamo potere, non abbiamo soldi, non abbiamo numeri. Abbiamo solo Cristo e il suo amore. E nessuno ci può separare da quell’amore al quale apparteniamo (cfr Rom 8,35). Gerusalemme resterà sempre anche cristiana, perché nonostante le tante divisioni, ci saranno sempre tanti piccoli semi di amore – i cristiani – che anche se calpestati sapranno resistere. Oggi insieme uniti da quell’amore che Cristo ci ha lasciato come eredità ci sentiamo ancora più forti, perché abbiamo fatto un bel bagno di gioia cristiana, di cui avevamo bisogno per riprendere forza in questo nostro cammino.

Coraggio dunque! Il Signore ci dia forza e dia a tutti noi il coraggio dell’amore senza misura.

Buona Settimana Santa e buon cammino incontro al Risorto!

+Pierbattista