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Discorso di S. B. Mons. P. Pizzaballa in occasione dell’Ingresso Solenne al S. Sepolcro 2020

Ingresso Santo Sepolcro

Gerusalemme, 4 dicembre 2020

Eccellenze Reverendissime,

Eccellentissimi Consoli Generali a Gerusalemme,

Cari sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli,

il Signore vi di pace!

Non est hic, surrexit enim sicut dixit”(Mt 28,6). Al Masih kam, hakan kam

Eccoci qui, ancora una volta, di fronte alla Tomba vuota di Cristo, cuore della nostra fede e della nostra comunità cristiana.

È tradizione, in questa nostra Terra, che all’inizio di ogni nuovo cammino ecclesiale, ci si ritrovi in questo Luogo Santo, per fare memoria della Pasqua, quale che sia il tempo dell’anno liturgico. Non c’è inizio, infatti, non c’è iniziativa ecclesiale, non c’è progetto che abbia consistenza fuori dalla luce pasquale. "Fare Pasqua" significa donare la vita per amore. E questo vale in modo particolare proprio per la nostra Chiesa di Gerusalemme, che ha quale vocazione e missione specifica, proprio quella di vivere nella luce pasquale. Nel libro dell’Apocalisse, infatti, che leggiamo in questi giorni, la città di Gerusalemme non ha bisogno della luce del sole, perché “la sua lampada è l’Agnello” (Ap 21,23).

Allora oggi anche io desidero celebrare con voi questa Pasqua: in questo Luogo Santo chiedo a Dio di donarmi la forza, il coraggio e la costanza di dare la vita a questa Chiesa, di amarla e di condurla con spirito paterno e paziente.

Non è la prima volta che vengo qui su questa Tomba per iniziare un nuovo servizio in questa Chiesa di Dio, nella quale arrivai 30 anni fa, da novello sacerdote.

Dopo diversi anni di studio e di servizio, che mi hanno consentito di conoscere meglio l’ambiente del Paese, qui ho iniziato il mio compito di Custode di Terra Santa. Servizio che mi ha portato a conoscere ancora di più la realtà della Chiesa Madre di Gerusalemme ed a toccare con mano la grazia dei Luoghi Santi e le necessità dei fratelli.

Al Santo Sepolcro sono tornato prima per iniziare e poi per ringraziare Dio per la sua fedeltà in questi ultimi quattro anni in cui ho servito la chiesa di Gerusalemme come Amministratore Apostolico. Anni intensi e faticosi, ma anche ricchi di meravigliose esperienze di Chiesa.

E quando ho pensato un’altra volta che era tempo di partire, di incominciare una nuova tappa, attraverso la parola del Santo Padre, Papa Francesco, il Signore ha voluto ancora una volta riportarmi qui, per ricordarmi che la Pasqua la devo celebrare qui, con voi.

Noi camminiamo insieme a un Dio che conosciamo, verso un futuro che non conosciamo. Il futuro incerto, soprattutto in questo nostro tempo, può provocare paura e ansia. Affidiamoci perciò al Dio conosciuto e rivelato da Gesù, per trovare consolazione e conforto. Richiamiamo alla nostra mente le storie collettive e individuali di ciascuno, e ricordiamo quante volte abbiamo già sperimentato la fedeltà di Dio con noi. La memoria è essenziale per costruire un ponte tra questo nostro presente pieno di preoccupazioni e paure e il futuro di speranza che invece troviamo nel Dio rivelato e incontrato in Gesù.

Facendo memoria degli anni trascorsi, devo veramente riconoscere come il Signore mi abbia guidato e accompagnato in tante scelte alle quali mai sarei giunto da solo. E come altre volte, invece, abbia dovuto pazientemente attendere che fossi io a tornare indietro dai percorsi contorti del mio cuore.

Possiamo dire lo stesso della nostra Chiesa. Nonostante noi, nonostante tutto, il Risorto ci ha guidato e ci ha atteso, pazientemente e fedelmente, senza permettere che fossimo tentati oltre le nostre forze (cf. 1Cor 10,13). E ancora oggi ci ha condotti fin qui, me e voi, insieme, per riprendere il cammino, perché da qui usciamo rinnovati nello slancio e nella gioia. Come Pietro al lago di Tiberiade, allora, fidiamoci della Parola del Signore e gettiamo la rete (cfr Lc 5,5). Iniziamo con fiducia, insieme, questo nostro nuovo servizio alla Chiesa di Gerusalemme.

Certo, non posso non sperimentare sentimenti di timore dinanzi a una missione che supera le mie capacità. Ma accetto questa nuova obbedienza, che desidero portare con gioia. È certamente anche una Croce, ma la Croce porta frutti di salvezza ogni volta che viene accolta con gioia. La Croce del Figlio di Dio, innalzata a qualche metro di distanza da qui, ha dato senso a tutte le croci del mondo.

So di non essere solo. Senza la collaborazione del suo presbiterio, dei religiosi e dei suoi fedeli il Vescovo non potrebbe condurre il suo gregge, e non sarebbe immagine del Buon Pastore. Oggi con me ci siete voi, forse non numerosi come si vorrebbe, ma so che da diverse parti della Diocesi e del mondo, molti fedeli e pellegrini della nostra Diocesi e no si stringono intorno a me nella preghiera, ed è in questo spirito che possiamo ritrovarci come Chiesa, la Chiesa Madre di Gerusalemme.

Sono numerose le attese della nostra pluriforme comunità ecclesiale e che sono proprie della vocazione e missione della nostra Chiesa. Ci attende un rinnovato slancio pastorale, che tenga conto dei diversi territori e culture, ma che sappia trovare anche l’unità tra tutti. Ci attendono gli enormi problemi economici e sociali, aggravati ancora più dalla pandemia in corso. Ci attende una parola chiara e serena sulla politica, spesso fragile e dal corto respiro, ma che tocca pesantemente la vita di tutte le nostre famiglie. Ci attende l’incontro con le altre Chiese sorelle e con i fratelli musulmani ed ebrei. Vivere nella luce pasquale, significa sapere dire a tutti e testimoniare con la vita la speranza cristiana che ci sostiene.

Cari fratelli e sorelle, vi invito a pregare per me, e per questa nostra amata Chiesa di Gerusalemme, affinché io possa condurla, servirla e amarla con cuore indiviso. Non ho “il dono delle lingue” (1Cor 13,8), ma vi assicuro il desiderio sincero di arrivare al cuore di tutti, soprattutto di quelli che in questo periodo sono nella difficoltà e nel bisogno.

Da questo Luogo, il Signore risorto ci ripete ancora le parole che disse alle donne il giorno della Risurrezione: “Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli… (Matt. 28,10)”. Lasciamoci sedurre da questo messaggio ancora attuale. Queste sono le parole del Cristo Risorto e devono sempre risuonare nei nostri cuori. Non siamo soli, né orfani, non dobbiamo avere timore. Siamo certi che il Risorto saprà ancora una volta riempirci del Suo Spirito e renderci nella sua Terra testimoni audaci del suo amore.

+ Pierbattista