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Discorso del Patriarca per l'ingresso solenne al S. Sepolcro del nuovo Nunzio e Delegato Apostolico, S. E. Adolfo Tito Yllana

Solenne Ingresso al S. Sepolcro di S. E. Mons. Adolfo Tito Yllana

Jerusalem, September 30th, 2021

“Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro” (Gv 20,6).

Eccellenza Reverendissima,

Benvenuto a Gerusalemme e benvenuto qui, nel Santo Sepolcro, il cuore della Chiesa Madre di Gerusalemme, la cui missione principale è proprio quella di preservare la memoria della morte e risurrezione di Cristo, non solo attraverso i sacramenti che la Chiesa celebra continuamente con la sua comunità, ma anche per mezzo dell’attaccamento a questo Luogo fisico, la tomba vuota, il segno tangibile della storicità della nostra fede.

Nei momenti principali della nostra vita ecclesiale, come questo, la nostra Chiesa si raccoglie attorno a questo Luogo, per ricordarci che ogni inizio, ogni scelta, ogni orientamento ecclesiale deve partire da qui, dal chinare il capo e piegarsi in questo piccolo edificio, per farci ricordare che la vita della Chiesa scaturisce da qui, e che è su questo luogo che dobbiamo costruire i nostri progetti di futuro, e non su altro, cioè a partire dalla memoria pasquale, il fondamento della nostra speranza e della vita del mondo.

Insieme a me sono qui presenti tutti i vescovi della Chiesa Cattolica di Terra Santa: Melchiti, Maroniti, Siriaci Cattolici, Caldei, Armeni Cattolici, Latini che sono espressione della multiforme tradizione della Chiesa di Terra Santa. Avrà modo di sperimentare che siamo una Chiesa nella quale non mancano certo le sfide, ma nella quale potrà constatare anche vitalità e bellezza, attraverso la presenza di tante iniziative e attività. Le potrà vedere nell’attenzione al mondo scolastico e accademico, a quello sanitario, nel servizio ai giovani, nelle tante parrocchie sparse su tutto il territorio, in una ricca presenza religiosa, e in variegate attività pastorali e sociali che la Chiesa custodisce, accompagnando la propria comunità nel suo cammino.

La nostra è anche una Chiesa che parla molte lingue e che ha molti colori e che per alcuni di noi supera anche i confini di diversi Paesi. L’arabo è la lingua principale, è la lingua del cuore pulsante della Chiesa di Terra Santa, della comunità araba e soprattutto palestinese, che è la memoria e la radice che sostiene l’edificio spirituale e materiale della Chiesa; popolo che non vede ancora la fine del suo desiderio di pace e serenità nella sua terra, ma che è geloso delle proprie tradizioni, fiero custode della memoria cristiana di Terra Santa.

Insieme a loro ci sono i cattolici di espressione ebraica, i lavoratori stranieri, i migranti. La nostra è una chiesa di pellegrini che, se ora non possono essere presenti a causa della pandemia, restano comunque parte integrante della nostra vita ecclesiale.

La multiformità della vita ecclesiale di Terra Santa si manifesta anche nella presenza di tutte le Chiese cristiane che come noi qui affondano le loro radici, e con le quali siamo in un rapporto vitale, fruttuoso e prezioso. La presenza delle autorità cristiane ne è qui testimonianza, ma lo potrà constatare anche nelle sue visite alle comunità parrocchiali, quando le incontrerà, e potrà così prendere coscienza del legame esistente tra noi.

Siamo una Chiesa che vive e opera in una società in gran parte islamica o ebraica. Il dialogo interreligioso è costitutivo della nostra identità. Dialogo non sempre facile, che parte dalla vita reale e mai solo accademico, ma proprio per questo essenziale.

Siamo una Chiesa che vive notoriamente in un contesto politico e sociale ferito e divisivo. Il conflitto politico israelo-palestinese assorbe gran parte delle nostre energie e trova espressione non solo nelle reiterate tensioni militari, ma nello sforzo continuo a costruirsi una vita normale, che qui è sempre logorante e faticosa: spostarsi, lavorare, incontrarsi, celebrare sono operazioni mai scontate e mai immediate.

Incontrerà presto le conseguenze di tutto questo: risentimento, pregiudizi, incomprensioni, sospetti, paure, stanchezza affiorano spesso nei nostri discorsi e trovano spazio in molti cuori. Ma troverà anche tanta determinazione, impegno, speranza nonostante tutto, nelle tante organizzazioni e persone che non si rassegnano a questa realtà, ma si impegnano concretamente a voler vivere insieme e in pace.

Tutto ciò ricorda alla nostra Chiesa che il piegarsi qui in questo Luogo per custodire la memoria della morte e risurrezione di Cristo, deve poi portarci a piegarci sui bisogni di questa Terra e delle sue popolazioni. E come qui le donne del Vangelo sono giunte per versare balsamo e olio sulle ferite del corpo trafitto di Gesù, così anche noi siamo chiamati a versare il balsamo della speranza e l’olio della misericordia nella vita delle nostre comunità. Noi stessi dobbiamo anzi essere balsamo e olio, essere il profumo di risurrezione e di vita.

Eccellenza Reverendissima,

Lei ci porta la presenza del successore di Pietro qui in Terra Santa, papa Francesco. Ubi Petrus, ibi ecclesia. La Chiesa Cattolica di Terra Santa, la Chiesa Madre di Gerusalemme, per quanto ricca di iniziative e vivace nella vita, non è completa senza Pietro, che lei rende qui presente. Le assicuro, a nome di tutti coloro che sono qui, la nostra piena collaborazione e in particolare da questo luogo la nostra preghiera di intercessione per lei, per il servizio che sta per intraprendere e soprattutto per il Santo Padre e per tutta la Chiesa.

Benvenuto nella Città Santa, Gerusalemme!

+ Pierbattista