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Archbishop Pizzaballa: “Church in the Holy Land has no means nor power. She only has Christ and His Grace”

TERRA SANTA – Mons. Pierbattista Pizzaballa spiega il motto episcopale, “Sufficit tibi gratia mea” (2Cor 12, 9), da lui scelto in vista della sua ordinazione episcopale che si terrà il 10 settembre, a Bergamo, nel libretto dell’ordinazione.

“La Chiesa di Terra Santa non ha mezzi e non ha potere. Ha solo Cristo e la sua Grazia”. Con queste parole monsignor Pierbattista Pizzaballa spiega il motto episcopale, “Sufficit tibi gratia mea” (2Cor 12, 9), da lui scelto in vista della sua ordinazione episcopale che si terrà il 10 settembre, a Bergamo, per le mani del prefetto della Congregazione delle Chiese orientali, cardinale Leonardo Sandri.

“La Terra Santa – spiega mons. Pizzaballa nel libretto dell’ordinazione – è crocevia di difficoltà e divisioni di ogni genere: tra le Chiese, tra le fedi monoteiste e tra i popoli che la abitano. Le difficoltà appaiono sempre enormi e insormontabili. In tale contesto, la Chiesa apparentemente sembra schiacciata da queste situazioni. Altri invece potrebbero cadere nella tentazione di credere di essere chiamati a portare nei drammi di quella Terra la ‘loro salvezza’, basata su propri mezzi e strategie. Ebbene, in queste circostanze, la Parola di Dio ci ricorda che solo alla Grazia dobbiamo affidarci e a nient’altro. La Chiesa di Terra Santa non ha mezzi e non ha potere. Ha solo Cristo e la sua Grazia”. In questo riferimento biblico sta il motivo della scelta del motto: “Avere la coscienza che la nostra missione altro non è che testimoniare la Grazia che per primi ci ha toccato e da questa continuamente ripartire”.

Nello stemma adottato da mons. Pizzaballa appare la città di Gerusalemme così come “nel Medioevo era tradizionalmente raffigurata sui sigilli del regno latino, ovvero come una città con mura e porta, da cui si alzano la cupola a cono dimezzato del Santo Sepolcro, la Torre di Davide e la cupola tonda dell’attuale Moschea, stilizzazione a cui era abbinato il motto ‘Civitas Regis Regum omnium’.

La colorazione riprende quella dello stemma di Gerusalemme durante il regno latino, quando la croce gerosolimitana era d’oro in campo argento”. È una colorazione che l’araldica ritiene “unica ed eccezionale”, altrimenti non possibile perché vìola la convenzione dei colori negli stemmi di “non sovrapporre metallo a metallo e colore a colore”, e che solo per Gerusalemme, per la sua unicità, venne accettata e ritenuta non un “errore”.

La scelta di questi colori è quindi “un voluto omaggio alla città di Gerusalemme attribuendole quei colori più preziosi che a lei sola, l’araldica riconosce. L’oro in araldica simboleggia la fede, e la verità, l’argento la purezza, l’innocenza, l’umiltà, e la giustizia. Anche oggi Gerusalemme mantiene la vocazione ad essere casa di preghiera per tutti i popoli e i tre luoghi simboleggiati nello stemma medievale sono anche un rimando alle differenti tradizioni religiose che in essa convivono e per la cui pacificazione è chiamato ad impegnarsi anche il vescovo”.

Servizio Informazione Religiosa