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Omelia per il 1 gennaio 2018: Maria, Madre di Dio

Omelia per il 1 gennaio 2018: Maria, Madre di Dio

1 gennaio 2018 

Maria, Madre di Dio

Eccellenze Reverendissime,

Cari fratelli e sorelle,

il Signore vi dia pace e soprattutto vi soni un sereno Anno 2018!

Siamo dunque arrivati all’inizio di un nuovo anno civile, e come ogni anno abbiamo l’occasione per riflettere, pregare e celebrare il Signore per quanto ci ha donato nell’anno appena trascorso, per invocarlo in questo nuovo anno e soprattutto per pregare per la pace, in questa giornata particolare dedicata alla preghiera per la pace, appunto. Come sempre, ci lasciamo innanzitutto provocare dalla Parola di Dio che è appena stata proclamata.

Nel brano di Vangelo (Lc 2, 16-21) non viene raccontato nessun evento o fatto di particolare importanza. Il fatto, l’unico e centrale evento che si può raccontare, è già avvenuto, ed è la nascita di quel Bambino che gli angeli annunciano come Salvatore e Cristo Signore (Lc 2, 11).

Il brano di oggi però è importante perché ci dice come stare davanti a questo evento; come ci sia bisogno di nuovo di metterci in atteggiamento di ascolto e di obbedienza, per accogliere ciò che è accaduto. Perché qualcosa di grande e di bello è successo, e dobbiamo fare spazio in noi perché diventi vita. Abbiamo diversi personaggi in questo brano, che ci dicono come stare allora di fronte a questo grandioso e semplice evento. Vediamoli.

I primi sono i pastori: ricevuto l’annuncio dall’angelo, si mettono in cammino, alla ricerca, nella notte, “senza indugio” (Lc 2, 16) e trovano il segno secondo le parole del messaggero celeste. I pastori compiono due gesti. Arrivati alla grotta, dopo aver visto il Bambino, “riferiscono ciò che del bambino era stato detto loro” (Lc 2, 17). I pastori si fanno annunciatori, si fanno angeli; hanno ricevuto un annuncio troppo grande e bello, e non possono tenerlo per sé: lo condividono, lo trasmettono, lo donano. E, dopo averlo fatto, compiono un secondo gesto: “se ne tornarono, lodando e glorificando Dio per tutto quello che avevano udito e visto” (Lc 2, 20). Sono colmi di gioia per questo dono fatto a loro, per questo privilegio di essere stati raggiunti gratuitamente da un evento di salvezza, e ringraziano il Signore, celebrano la salvezza ricevuta: dopo averla condivisa con gli uomini, la restituiscono a Dio.

In questo inizio della vita di Gesù, in questo primo farsi presente di Dio dentro la storia, accade ciò che accadrà molte altre volte, in seguito: che chi lo incontra, chi è raggiunto dal mistero, poi si mette in cammino, e lo porta agli altri, lo svela.

Lo svela con le loro parole, che risultano vere proprio perché i pastori hanno udito e hanno visto: non solo udito, non solo visto, ma udito e visto. Hanno ricevuto un messaggio dal cielo, ma poi hanno visto con i loro occhi. E hanno messo insieme questi due momenti, hanno ricordato che quanto vedevano era proprio ciò che era stato detto loro (Lc 2, 20). Ma lo annunciano soprattutto con la loro gioia, con la loro lode. Anche questa gioia era stata detta loro dagli angeli, e loro se la ritrovano dentro come un dono. Chi ha ricevuto un dono, fa proprio queste due cose: ringrazia il Signore e lo condivide con i fratelli.

Accanto ai pastori, c’è un altro gruppo di persone, che Luca identifica con “tutti quelli che udivano” (Lc 2, 18): chi era lì, per caso, in quel luogo, quella notte. Sono anche loro chiamati ad accogliere questo evento nuovo che Dio ha operato: e di loro non si dice nulla, se non che dopo aver ascoltato le parole dei pastori, “si stupirono” (Lc 2, 18). Lo stupore, la meraviglia, è proprio di chi non riduce la vita e ciò che si attende, a quanto si capisce, a ciò che si vuole o di cui si è capaci: ma la lascia essere più grande, lascia che Dio abiti la vita e la dilati all’infinito: è la prima forma della fede.

Ma oggi, solennità della Madre di Dio, dobbiamo guardare anche a Maria: anche lei fa due cose. La prima è quella di “ricevere” Gesù dai pastori. Lei ha partorito il Bambino, ma subito si accorge che questo Bambino non è solo suo, che da sola non lo può comprendere. Che deve ogni volta riceverlo, perché il Suo mistero è troppo grande. E così si mette in ascolto, e via via le persone che incontrerà sulla sua strada (i pastori, i magi, Simeone e Anna) le sveleranno qualcosa che lei ancora non può sapere.

E la seconda è quella di custodire e meditare (Lc 2, 19) tutto questo dentro di sé.

Custodire e meditare significa raccogliere e fermare dentro di sé gli eventi, di lasciarli scendere in profondità, perché nulla vada perduto, per non dimenticare, per comprenderne il disegno di salvezza. Maria forma dentro di sé come un serbatoio di memoria, al quale ritornare per poter stare davanti al mistero, per poterlo sempre di nuovo generare.

All’inizio di questo nuovo anno, il Vangelo oggi ci apre la strada, ci dà la bussola per stare in questo tempo e per accogliere questo tempo come grazia.

Non si tratta di fare qualcosa di particolare, di creare noi gli eventi della vita: questi accadono. Ma si tratta di starci dentro, come i pastori, come i presenti nella grotta di Betlemme, come Maria: cioè con quella fede che si declina nell’ascolto e nello stupore, nella gioia e nella lode, nella custodia e nella memoria, nella condivisione del dono. Così il dono cresce, diventa sempre più vivo e vivificante, crea legami e salva.

Questo brano del Vangelo, allora, ci dice anche qualcosa sulla Pace, parola che in questi giorni natalizi abbiamo pronunciato molte volte, che oggi celebriamo, ma che purtroppo appare ancora lontana dalla nostra realtà quotidiana. Il Vangelo ci dona alcune concrete indicazioni su come intendere la pace.

Spesso noi la pace l’attendiamo dagli altri, dai politici e dai potenti di questo mondo, che sono chiamati a creare occasioni di pace, a costruirla nelle relazioni internazionali. La attendiamo dai nostri superiori, che devono risolvere i problemi delle nostre comunità. La attendiamo, insomma, dai diversi responsabili di turno, a livello internazionale, nazionale, religioso e familiare. Ma il Vangelo oggi ci dice che la pace è un atteggiamento che riguarda tutti. I Pastori, quelli che udivano i pastori, Maria e poi abbiamo ascoltato in questi giorni Erode, i Magi e tanti altri. Di fronte al “Principe della Pace (Is, 9,5) tutti sono chiamati a dare una risposta di vita. Nessuno è escluso dall’impegno per la pace. Essa appartiene a tutti e non solo ai capi di turno. Non serve chiedere la pace dai grandi e non costruirla nel nostro piccolo. Il destino di tutti è legato, quello degli uni con quello degli altri. Ciò che io faccio nel mio piccolo contesto e in famiglia contribuisce, collabora e partecipa anche alla pace che i grandi sono chiamati a realizzare.

Ci viene poi detto che la pace è un atteggiamento, è un modo di stare dentro la storia e dentro la vita, e non qualcosa che viene da fuori, che altri devono fare per noi e che non ci riguarda direttamente.

Come i pastori, anche noi dobbiamo annunciare la pace, cioè dobbiamo condividerla, trasmetterla, comunicarla. Il dono della pace che è in noi, che è il Principe della Pace, se davvero è in noi, non può che essere annunciato, con i nostri atteggiamenti, con il nostro modo di costruire e vivere la famiglia, la società, i giovani, le nostre attività parrocchiali, la nostra azione politica… I grandi non potranno mai realizzare la pace, se i piccoli non la vivono già. Per avere la pace, non basta denunciare la sua assenza, ma bisogna avere il coraggio costruirla nonostante tutto. Dobbiamo costruire, come i pastori, ciò che abbiamo visto e udito, ciò che già in noi è un’esperienza di vita.

L’altro atteggiamento, dicevamo è lo stupore. Lasciarsi ancora stupire sembra assai difficile nei nostri tempi, dove tutto è online in tempo reale. Cosa ci può ancora stupire? Eppure accade ancora tanto di buone e di bello tra noi e attorno a noi e che spesso non sappiamo riconoscere. Lasciarsi stupire dai tanti piccoli e grandi gesti di amore, di condivisione, di accoglienza, di fraternità e di pace che ancora nonostante tutto si compiono. Lasciarsi stupire e celebrare questi momenti, è necessario più che mai. Ci da speranza, ci mostra che la vita scorre nonostante tutto e che è ancora capace di amore, di cui tutti abbiamo bisogno.

La Vergine Maria ci insegna oggi che nessuno possiede la Pace. Colei che ha partorito l’autore della pace, che lo aveva custodito dentro di sé per nove mesi e che lo conosceva quindi meglio di chiunque altro, si metteva in ascolto di quanti le raccontavano cosa era accaduto e come lo avevano compreso, apprendeva da loro chi era suo figlio. Sapere ascoltare l’altro, accogliere la sua visione, aprire il nostro sguardo e il nostro cuore all’altro è vitale per la pace. Non si costruisce la pace solo con quanto pensiamo e facciamo noi. Abbiamo bisogno dell’altro per come è, e non dell’altro come lo vogliamo noi. E l’altro ha sempre tanto da insegnarci. Avere questa coscienza ci aiuterà a non cadere nella presunzione di dovere solo insegnare agli altri come si fa la pace.

E infine custodire. Non tutto quello che accade lo comprendiamo subito, ma sapere accoglierlo nel cuore, meditarlo, farlo maturare e crescere, senza avere fretta di giudicare subito, lasciare che il tempo sveli l’accaduto. Nel nostro tempo dove non c’è spazio per la memoria e tutto deve essere fatto subito, è questo un grande insegnamento.

Lasciamoci guidare in questo anno da queste indicazioni e lasciamoci continuamente provocare da questa Parola, che è vita e benedizione.

Buon Anno!

+Pierbattista Pizzaballa
Amministratore Apostolico