6 gennaio 2018
Epifania
La solennità di oggi, l’Epifania, ci parla di una verità molto semplice, ci racconta il modo con cui Dio, venuto nella storia, trova la strada per entrare in relazione con l’uomo. Il suo modo di incontrarci non è quello di imporsi, di costringere, di obbligare a fare i conti con Lui. Dio, per incontrarci, ci attrae.
L’attrazione è una forza che non viene da fuori, ma da dentro, che uno si ritrova dentro.
È quello che accade ai Magi, a questi misteriosi personaggi che dall’oriente si mettono in cammino per venire a vedere un Bambino che è un Re. Vengono da lontano, perché questa attrazione è così forte da raggiungere tutti, ovunque. Nessuno è escluso. Non si limita ad attrarre un certo tipo di persone piuttosto che un altro: attira tutti. Il suo raggio è così ampio da non perdere nessuno. Attira tutti perché ciascuno, nel cuore, ha come una nostalgia che l’attrazione risveglia dentro, come una memoria antica e profonda.
Attira ciascuno in un modo diverso, a seconda di come ciascuno sa vedere e ascoltare. Potremmo dire che per ciascuno c’è il mistero di una stella che si accende, che risplende non tanto nel cielo, quanto nel cuore.
Dio ci attrae con una luce diversa da ogni altra luce, una luce che sa illuminare anche quegli aspetti della vita che altrimenti rimarrebbero nell’oscurità: il dolore, la morte, e quei passaggi pasquali che ognuno si trova ad attraversare, prima o poi. Una luce che non spiega tutto, ma che aiuta a camminare e indica il prossimo passo. Quando questa stella si accende, non si può non partire, e nulla più rimane come prima.
Il cammino non è mai facile, e la tentazione di tornare indietro può fare capolino: a volte questa luce scompare, e può venire il dubbio di essersi sbagliati, di aver perso la strada. È il momento della prova, della fede. È allora che si scopre che sulla stessa strada, ugualmente attratti da una luce, c’è altra gente, a cui chiedere dov’è colui che è nato: la risposta si trova insieme, ci si rimette in cammino, e la stella ricompare, per la gioia di chi non ha smesso di camminare, di cercare, di credere.
Dove porta questa stella? Porta ad un gesto di adorazione, ad un umile chinarsi di fronte al Mistero che si è fatto vicino. Porta ad un gesto in cui si offrono i propri doni, quelli che hanno viaggiato con noi e che dicono qualcosa della nostra vita. Ci si è messi in cammino per poterli offrire.
È un gesto, ma è uno stile di vita. Dio attira, ma non tutti si lasciano attirare. Matteo ci dice che proprio i più vicini, i privilegiati, quelli per cui il viaggio sarebbe più comodo e facile, non si lasciano attrarre, non si mettono in strada. I capi, gli scribi sanno tutto della luce, ma non la desiderano, e non si muovono. Erode la teme, e neanche lui si muove.
Per lasciarsi attirare bisogna saper abbandonare qualcosa, perdere la comodità e la sicurezza dei propri privilegi e delle proprie certezze, lasciarsi cambiare la vita in profondità. È un cammino che dura una vita intera, che ricomincia sempre di nuovo, e che liberamente non possiamo non fare perché siamo attratti da Colui che per primo si è messo in cammino verso di noi, che per primo desidera incontrarci.
Cosa trova, allora, chi percorre fino alla fine questo cammino? Incontra il paradosso di un Dio che si china e si spoglia di fronte all’uomo, che gli lava i piedi, che si dona a lui completamente, fino alla fine.
Per questo vale davvero la pena seguire la luce che attrae e mettersi in cammino.
+Pierbattista