XXXII Domenica del Tempo Ordinario A
Mt 25, 1-13
Per entrare nel brano di Vangelo di oggi (Mt 25,1-13), vorrei partire da quanto abbiamo ascoltato domenica scorsa (Mt 23,1-12).
Rivolgendosi ai suoi discepoli e alla folla che aveva davanti, Gesù li aveva messi in guardia dal comportamento dei farisei e dei capi del popolo: parlando di loro, Gesù aveva sottolineato un aspetto del loro modo di essere, segnato da un certo immobilismo: gente seduta sui seggi o nei banchetti, che dice e non fa, che non muove i pesi neppure con un dito… Questo non può non risuonare strano all’interno di una storia di alleanza dove tutto è cammino, dove la salvezza è camminare umilmente con Dio, dove Dio stesso cammina con il suo popolo.
Partiamo da quest’immagine del cammino per comprendere la parabola di oggi, quella delle vergini sagge e delle vergini stolte. Anche in questa parabola, infatti, la metafora del cammino ritorna con insistenza: le vergini escono incontro allo sposo (Mt 25, 1), poi a mezzanotte lo sposo arriva, le vergini sono chiamate ad andargli incontro (Mt 25,6); ma quelle che non hanno più olio per le loro lampade non possono proseguire il cammino e devono tornare indietro (Mt 25, 10).
Tutte dunque sono in cammino, ma non tutte giungono a destinazione: solo le sagge arrivano all’incontro per cui si sono messe in cammino. Le stolte, come i farisei e i capi del popolo di domenica scorsa, ad un certo punto si fermano.
Perché? Cosa significa tutto questo?
La parabola dice che la differenza è data dall’olio: ad un certo punto, infatti, il cammino si fa notturno, e per camminare nella notte ci vuole la luce di una lampada.
Le vergini sagge avevano con sé una riserva sufficiente di olio, come chi immagina che l’attesa può protrarsi a lungo. Le altre no, come chi non ha pensato che ogni cosa bella esige un’attesa, che ogni meta importante esige un cammino.
Invece una legge insita nelle profondità della vita umana svela che tutto ha bisogno di tempi di maturazione, che nulla è dato subito, all’istante, che ogni relazione, evento, traguardo va costruito pazientemente lungo l’umile trama dei giorni: ci vogliono mesi di gestazione per nascere, ci vogliono anni di studio per diplomarsi…Ogni cosa ha il suo cammino.
Anche la pace è un cammino.
Per questo le vergini sagge non possono dare il loro olio alle stolte, perché l’olio si produce nel tempo: non serve cercare una scorciatoia, ma è necessario rimettersi in cammino e ricominciare (Mt 25,9).
Attendere è dunque un’arte che non si improvvisa, che richiede l’umile esercizio quotidiano di chi non si arrende mai solo a ciò che appare, di chi ricomincia ogni giorno senza scoraggiarsi, di chi sempre si affida ad una promessa che ci viene incontro nei modi e nei tempi che meno ci aspettiamo.
E di cosa sia fatto questo olio, così necessario al cammino, nella parabola di oggi abbiamo solo un indizio in qui piccoli vasi (Mt 25,4) in cui le vergini sagge hanno custodito il loro olio. Piccoli, perché chi si mette in cammino non porta con sé oggetti ingombranti e voluminosi.
Per dire che l’attesa non si nutre di gesti eclatanti, che bastano piuttosto all’emozione di un momento ma non resistono al tempo. L’attesa si nutre di umili gesti d’amore, come quelli di un servo, quel servo di cui parlava la fine del Vangelo di domenica scorsa (Mt 23,11).
Ma di cosa sia fatto questo olio lo scopriremo, se avremo la pazienza di attendere e di camminare, fra qualche domenica, quando incontreremo persone che, senza neanche saperlo, hanno incontrato il Signore alla fine del loro cammino, per il semplice fatto di aver accolto un loro fratello lungo la via con piccoli e semplici gesti d’amore (Mt 25,31-46).
Costoro scopriranno con stupore, proprio come le vergini sagge, che il Signore li conosce, che il Signore li ha visti. E anche loro entreranno alle nozze (“arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa” - Matt. 25,10).
+ Pierbattista