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Meditazione di S.B. Card. Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei latini: XXVII Domenica del Tempo Ordinario, anno A

Meditazione di S.B. Card. Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei latini: XXVII Domenica del Tempo Ordinario, anno A

XXVII Domenica del Tempo Ordinario A

Mt 21, 33-43

 

Anche questa domenica ascoltiamo una parabola, e anche questa parabola parla di una vigna (Mt 21,33-43).

Il contesto in cui ci troviamo è quello del tempio, dopo l’ingresso di Gesù in Gerusalemme (Mt 21,1-11); e le parabole sono la risposta di Gesù ad una obiezione, sollevata dai capi del popolo, sull’autorità con cui Gesù ha compiuto alcuni significativi gesti simbolici (Mt 21,23).

È evidente che le parabole sono un tentativo, da parte di Gesù, di aiutare i capi a mettersi in discussione: non solo sono rivolte a loro, ma anche parlano di loro. In qualche modo essi sono i protagonisti.

Per entrare in questa parabola possiamo partire da un versetto centrale: quando i vignaioli vedono arrivare il figlio del padrone, mandato dal padre a ritirare i frutti, esprimono a parole ciò che hanno nel cuore, ciò che sta alla base della loro violenza: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità” (Mt 21, 38).

Avere la sua eredità, l’eredità di Dio, la sua vita: questo è il desiderio dell’uomo, fin dalle prime pagine della storia biblica. E Dio non è nemico di questo desiderio: fin dall’inizio dona all’uomo la sua vita, proprio come il padrone di questa vigna, che ha per essa una cura amorevole e attenta e fa tutto quello che può perché la vigna porti frutto.

Dov’è il problema, dunque? Perché i vignaioli non arrivano a godere dell’eredità che tanto desiderano?

La parabola parla di un paradosso, che è questo: l’unico modo per poter godere dei frutti della vigna, l’unico modo per avere l’eredità di Dio è restituirgli i frutti.

Noi pensiamo che per godere di qualcosa bisogna possederla.

Per Dio l’unico modo per goderne è restituirla. Perché è proprio restituendo la vita al Padre che noi diventiamo figli e quindi eredi della sua vita.

Forse dobbiamo chiarire cosa significa restituire al Padre i suoi frutti: perché nella vita normale, quando restituiamo qualcosa a qualcuno, noi rimaniamo senza nulla.

Con Dio non è così: restituirgli i frutti non significa che Lui, in modo autoritario e arbitrario, ci porta via ciò che abbiamo faticosamente guadagnato. Significa esattamente il contrario, ovvero riconoscere che tutto viene da Lui, che tutto è dono, che solo grazie a Lui noi portiamo frutto; significa non avere paura di perdere nulla.

Così, infatti, è la Parola di Dio (cfr Is 55,10-11): è come la pioggia e la neve che, dopo aver irrigato la terra e averla fatta germogliare, allora può fare ritorno al Padre, perché da lì tutto viene e tutto ritorna.

Restituire significa, in fondo, far fiorire la propria vita nella gratitudine.

Quando non riconosciamo la nostra relazione di figli, quando non siamo grati a Dio per ciò che siamo e per ciò che abbiamo, allora cerchiamo di possedere la vita, di diventarne i padroni, come i vignaioli; ma Dio non si stanca mai di provare a portarci a questa consapevolezza e manda i suoi servi, con fiducia, a ricordarci che la vita non è nostra.

E anche quando il suo ultimo tentativo sembra svanire, in realtà proprio lì si compie quel desiderio eterno di Dio che la vita dell’uomo sia restituita nel rendimento di grazie.

A questo proposito, infatti, il racconto evangelico è molto interessante: terminata la parabola con la morte del figlio, Gesù interroga i capi chiedendo loro di trarne le conclusioni. Cosa farà il padrone con quei vignaioli (Mt 21,41)?

E se la loro risposta non vede altra possibilità che punirli con la morte (Mt 21, 41), Gesù non la pensa così e risponde citando il Salmo 118 (“La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi” - 22-23), un salmo “pasquale” che invita a gioire per ciò che il Signore ha fatto.

Cosa ha fatto? Ha trasformato la morte in vita, perché proprio il sacrificio del Figlio diventa la prima vera vita restituita nell’amore al Padre, ricca di quel frutto buono che è una fiducia finalmente ricambiata.

La pietra, scartata dai costruttori, è diventata la prima Eucaristia, la primizia offerta senza paura, la prima eredità accolta in rendimento di grazie.

+Pierbattista