Santa Messa di Mezzanotte
Omelia di S. B. il Patriarca latino
Carissimi Fratelli e Sorelle,
Eccellenze Reverendissime,
Signor Primo Ministro,
Eccellenze e cari ospiti,
Il Signore Vi dia pace!
Quest’anno la celebrazione del Natale è certamente più gioiosa dell’anno precedente, la nostra Chiesa è piena di fedeli e la città è in festa. Rispetto al Natale dell’anno scorso, la partecipazione è molto maggiore e questo è un segno incoraggiante. Certo, manca ancora una parte importante perché la gioia sia completa. Mancano i pellegrini, che per il secondo anno consecutivo non hanno potuto essere con noi, a causa dell’attuale emergenza sanitaria, che si sta protraendo più di quanto si poteva immaginare. Preghiamo per loro e al tempo stesso chiediamo la loro preghiera, perché tutto ciò finisca presto e perché la città di Betlemme torni ad essere piena di pellegrini, come è sua caratteristica. Preghiamo anche perché torni la gioia nelle tante famiglie che si sostengono grazie ai pellegrinaggi e che, a causa di questa pandemia, da più di due anni, ormai, non lavorano e vivono in una situazione sempre più difficile. Ci auguriamo che con un’azione congiunta di politica, Chiesa e operatori turistici, locali e internazionali, si possano trovare forme sicure di ripresa di questa attività, nonostante la pandemia. È davvero necessario!
Desidero invece ringraziare il Signore e quanti si sono adoperati per far arrivare quest’anno a Betlemme alcuni fedeli della nostra comunità di Gaza. Quest’anno è stato più semplice ottenere per loro la possibilità di partecipare alla nostra festa. È un piccolo ma importante segno positivo di cui sono estremamente grato.
Ma veniamo al Natale e alla celebrazione di questo meraviglioso mistero.
La nascita di Gesù Cristo nella grotta di Betlemme ha cambiato la storia dell’umanità: oggi ha il potere di cambiare la nostra vita e di aprire nuove prospettive anche laddove sembra che le tenebre siano troppo forti. In quale modo?
Per vivere il Natale è necessario udire la voce di Dio.
Per incontrare Gesù, oggi come allora, abbiamo bisogno di lasciarci guidare dalla voce dei suoi testimoni, dei suoi inviati. Ma bisogna riconoscere la voce giusta per arrivare alla gioia del Natale, perché sono tante le voci che nel Vangelo parlano di Gesù, ma non tutte portano a Lui.
Maria di Nazareth ha ascoltato la voce dell’angelo e il suo annuncio e ha accolto Gesù (Lc 1, 26-38). E dopo Maria anche Giuseppe (Mt 1, 20-22) ha obbedito alla voce dell’angelo, vincendo le proprie paure: sono coloro che hanno reso possibile l’opera della salvezza. Altri testimoni sono i pastori (Lc 2,8) che hanno accolto l’annuncio degli angeli “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Lc 2,14); e poi i Magi, Simeone ed Anna e tanti altri.
Nel racconto evangelico, tuttavia, incontriamo anche personaggi come Erode, spaventato alla notizia della nascita di un nuovo Re (Mt 2,2-3), i saggi di Gerusalemme che conoscono le profezie su Gesù, ma non le sanno accogliere (Mt 2,4-5); abbiamo la tragedia degli innocenti uccisi… insomma abbiamo anche esempi contrari, che rifiutano la voce dei testimoni e in definitiva rifiutano di accogliere Gesù. Bisogna quindi saper discernere quali voci ascoltare, se vogliamo davvero riconoscere il “Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11).
Per trovare Gesù occorre fidarsi di qualcuno che lo conosce e che ci aiuti ad avvicinarci a Lui. L’ascolto di un testimone credibile ci permette anche di vedere in modo nuovo, aprendoci ad una lettura differente della realtà. L’ascolto ha bisogno di un cuore di carne, docile, che si lasci ferire dall’altro, che sappia amare.
Oggi anche noi, come Maria, Giuseppe, i pastori e i Magi, siamo riuniti presso la grotta di Betlemme, per celebrare il Natale di Gesù Cristo nostro Signore e Maestro.
Vorrei allora che ci chiedessimo quali sono le voci che occupano oppure liberano la nostra vita, le voci che dirigono il nostro pensare e il nostro agire, sia come individui sia come società civile. Che parole risuonano nel cuore dei nostri giovani, delle nostre famiglie, all’interno delle nostre case? In questo tempo di emergenza sanitaria e di prolungata emergenza politica, si odono nelle famiglie molte voci diverse: alcune minano la fiducia, tolgono la speranza, spengono l’amore; altre invece sono più incoraggianti, capaci di visione e futuro. Quali testimoni ascoltiamo oggi? In questo ultimo anno, insomma, dove vecchie e nuove crisi ci hanno coinvolto, quale voce abbiamo seguito?
Non è una domanda retorica. In questa Babilonia di annunci, dichiarazioni e moderne profezie, arrivate attraverso i tanti media, abbiamo bisogno di cercare e ritrovare la voce che ci porta a Gesù e alla salvezza, che allarghi i cuori alla speranza. Abbiamo bisogno di testimoni di cui ci fidiamo per ritrovare la via che porta a Betlemme, che ci aiutino ad aprirci al futuro con fiducia, che sappiano vedere e farci vedere il bene che cresce, e non solo il male e il dolore, che pure sono presenti, ma non possono essere il nostro unico criterio di valutazione della situazione attuale. Sarebbe mancanza di fede limitarci a denunciare il male e non impegnarci, invece, a progettare e costruire con speranza un futuro di bene. Fede e speranza non si possono separare: sono necessarie l’una all’altra. Chiediamoci se siamo tra coloro che sono paralizzati dalla paura, o abbiamo invece lasciato spazio alla voce dello Spirito, che sempre ci apre a nuovi orizzonti. A quali testimoni abbiamo dato fiducia? Perché, in fondo, è di questo che abbiamo bisogno: di ricostruire la fiducia tra noi, fiducia nel futuro, nostro e dei nostri figli, fiducia nella possibilità di un cambiamento in meglio, sia nella vita civile, sia nella Chiesa.
Prima fra tutti i testimoni, infatti, è la Chiesa. Dobbiamo innanzitutto interrogare lei e guardare alla nostra realtà attraverso di lei, vale a dire attraverso gli occhi di chi custodisce e testimonia nel mondo il Dono della salvezza.
E quali voci, dunque, sono risuonate nella nostra diocesi del Patriarcato Latino di Gerusalemme? Quali desideriamo far risuonare nei nostri cuori? Sono le voci della speranza che nasce a Betlemme e che dona uno sguardo che sappia vedere oltre il male presente e farci riconoscere l’opera di Dio in mezzo a noi?
Penso innanzitutto alla voce che è risuonata a Cipro, la voce di Papa Francesco durante la sua visita a questa parte della nostra diocesi. L’isola di Cipro, Paese anch’esso diviso da muri, a causa di conflitti politici e religiosi, segnato da ferite pluridecennali, raccoglie in sé le contraddizioni che agitano il Mediterraneo, dove si concentrano lotte di potere ed enormi interessi per le fonti energetiche, ma anche dove assistiamo alla tragedia di migliaia di profughi, in fuga da guerre e miseria, e che nell’isola trovano rifugio rimanendo però senza prospettive per il loro futuro. Papa Francesco ci ha ricordato il significato della pazienza, che non vuol dire rimanere inerti, ma essere disponibili all’azione imprevedibile dello Spirito Santo, usando il nostro tempo per valorizzare l’ascolto, accogliendo il diverso da noi. Ascoltare - dice Papa Francesco – significa fare spazio all’altro; così facendo si accoglie Gesù. È un’importante indicazione di metodo per tutta la nostra Chiesa di Gerusalemme, avviata nel cammino sinodale voluto dal Papa stesso, e che ha come tema fondante proprio l’ascolto e la conoscenza dell’altro.
Anche in Giordania, dove quest’anno si celebra il centenario della fondazione del Regno Hashemita, non sono mancate voci di preoccupazione per la difficile situazione economica, aggravata dalla pandemia e dai conflitti regionali, che hanno portato nel Regno milioni di nuovi profughi. Eppure, questo Stato, pur segnato da tante difficoltà, insegna ancora oggi ai Paesi del primo mondo cosa siano la solidarietà e l’accoglienza. In questi tempi di settarismi politici e religiosi, inoltre, la Giordania non ha paura di impegnarsi nel dialogo religioso e politico, e progetta il suo futuro. Che sia un Natale di speranza e di conforto anche per la nostra Chiesa giordana, dunque, perché continui ad essere sempre in ascolto della voce dello Spirito, e non abbia paura del futuro, ma resti aperta ed accogliente, vivace e piena di iniziative religiose, pastorali e sociali.
Voci diverse non mancano nemmeno in Israele. Voci preoccupanti di sempre maggiori divisioni all’interno della società, che soprattutto nel maggio scorso, durante l’ennesimo conflitto con Gaza, sono dolorosamente emerse. Mi riferisco in particolare alla crisi di fiducia avvenuta tra arabi ed ebrei, entrambi cittadini, entrambi abitanti delle stesse città. Questo ci ricorda che la convivenza non si subisce, ma si promuove. Essa è sempre frutto di un desiderio sincero e reale, che si costruisce concretamente. È compito anche nostro, della Chiesa, imparare e promuovere l’ascolto e aiutare a riconoscere e promuovere le voci che parlano di comunione, di accoglienza e di rispetto, in tutti i diversi ambiti della società. Non mancano nel Paese voci di persone, movimenti, associazioni impegnate nella promozione della coesistenza, del rispetto e dell’accoglienza reciproche. Natale è anche riconoscere e apprezzare chi sa vedere l’altro da sé come dono di Dio.
E infine, non possiamo non pensare alla nostra Palestina, al Paese nel quale ci troviamo oggi. Che dire di questo Paese, sempre in attesa di un futuro di pace che sembra non arrivare mai? La voce del dolore di questo popolo è davvero un grido assordante. Un popolo che ha bisogno di fare esperienza di giustizia, che vuole conoscere la libertà, che è stanco di attendere che gli sia concesso di abitare liberamente e con dignità nella propria terra e nella propria casa, che non vuole vivere solo di permessi, in questo momento necessari per entrare, uscire, lavorare o altro, necessari per vivere. Non di concessioni c’è bisogno, ma di diritti, e di porre fine ad anni di occupazione e di violenze, con tutte le loro drammatiche conseguenze sulla vita di ciascuno e della comunità in generale, creando relazioni nuove in cui regni non la diffidenza ma la fiducia reciproca.
Le conseguenze di questa logorante situazione si avvertono ovunque. Sembrerebbe dunque che le voci da ascoltare siano quelle di risentimento, pregiudizi, incomprensioni, sospetti, paure, stanchezza, che purtroppo affiorano spesso nei nostri discorsi e trovano spazio in molti cuori. Ma non deve essere così! Un cristiano non può permetterselo!
Devo dire che incontrando la gente nelle nostre comunità ho imparato tanto. Ho imparato in cosa consista concretamente la parola “resilienza”. Visitando la nostra comunità di Gaza, pochi giorni fa, ho imparato, infatti, che anche nelle più difficili situazioni, davvero problematiche, si può fare spazio all’amore, alla solidarietà, alla gioia. Ho incontrato persone che sanno essere attive e costruttive e che, pur coscienti delle enormi difficoltà in cui vivono, non cessano di credere che si possa fare qualcosa di bello per sé e per gli altri, senza coltivare sentimenti di odio e rancore. Sono convinto che costoro sono coloro che costruiscono concretamente il Regno di Dio in mezzo a noi e che ogni giorno, non solo oggi, vivono lo spirito vero del Natale: fare spazio dentro di sé alla Fonte vera della vita ed essere essi stessi pieni di quella vita.
Attraverso la Chiesa abbiamo interrogato il nostro vivere civile. Vogliamo concludere rivolgendoci ora direttamente a lei, alla Chiesa, e porre a lei la domanda che ci siamo posti all’inizio di questa nostra riflessione: come e dove oggi udiamo la voce di Dio? Nel nostro mondo lacerato e diviso, può davvero – oggi – portare la pace un Bambino nato duemila anni fa? La risposta della Chiesa è quella di sempre, e pur tuttavia sempre nuova: essa ci annuncia che la salvezza passa proprio attraverso quel Bambino innocente e indifeso, e che sì, l’Onnipotenza si manifesta proprio in quella forma fragile e debole. La Chiesa ci insegna ogni giorno, attraverso i Sacramenti, che senza quello sguardo, che sa andare oltre il segno, le apparenze, il tempo e la morte, non sapremo leggere davvero la realtà di questo nostro mondo. È vero, il male non cessa di infierire sulla vita dei più deboli e indifesi, ma la strada della pace è segnata, ed è ancora oggi la nostra strada. In quel Bambino è l’Amore che entra nel mondo, che rimane in ogni momento della storia, che è un’avventura senza fine e può cambiare davvero tutto. La Chiesa ci invita ancora oggi a riconoscere questo mistero che continua a manifestarsi fra noi: a Cipro, in Giordania, in Israele, in Palestina e in qualsiasi altra parte del mondo.
Abbiamo iniziato dicendo che per vivere il Natale è necessario udire la voce di Dio. Concludiamo aggiungendo che quella voce attende chi lo ascolti, e attende una risposta personale.
Il Natale è una chiamata personale per ciascuno di noi oggi qui presenti, come per qualsiasi credente nel mondo. È una chiamata per i giovani, per le famiglie, per gli anziani, per i lavoratori, per gli infermi, per i prigionieri, per i governanti. Ascoltare la voce del Signore significa riconoscerlo e accoglierlo in ogni piccolo del Regno che incontriamo sulla nostra strada! Egli oggi chiama nuovamente ciascuno di noi ad accogliere la sua voce come fece la Vergine Maria. Lei ha ricevuto un annuncio e ha risposto; la sua risposta ha portato al mondo la Vita. Come allora, anche oggi, Dio non solo opera direttamente nel mondo, ma lo fa anche attraverso la nostra partecipazione.
A Gaza ho incontrato persone che hanno fatto proprio questo: hanno ascoltato e detto sì al Signore. Alcune di loro hanno fondato famiglie, altre hanno risposto a una vocazione religiosa, tutte si sono dedicate al servizio del Signore e degli altri con gioia. Come la risposta di Maria, così anche le loro risposte alla voce di Dio sono fonte di vita per tanti altri.
Grazie allo Spirito Santo, anche noi, come la Vergine Maria e San Giuseppe, come i Pastori e come i Magi, possiamo dare la nostra umile risposta a Gesù, possiamo trovare in Lui il senso della nostra azione. Siamo infatti testimoni che quando Gesù si trova al centro della nostra vita, la terra riceve la Pace. Wulida al Masih! Alleluia!
Betlemme, 24 dicembre 2021
† Pierbattista Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini