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Omelia per la solennità dell'Annunciazione a Nazareth

Omelia per la solennità dell'Annunciazione a Nazareth

25 marzo 2017
Annunciazione del Signore

Fratelli e sorelle carissimi,

il Signor vi dia pace!

Anche quest’anno, durante il nostro cammino quaresimale, ci fermiamo un attimo a contemplare Maria, la Madre di Gesù. In queste settimane, infatti, abbiamo incontrato Gesù che dopo il Battesimo da Giovanni il Battista si lascia tentare e vince le tentazioni nel deserto, siamo poi andati non lontano di qui, sul Monte Tabor, dove lo vediamo trasfigurato e presentato da Dio Padre come il figlio amato. Tra poco lo vedremo su un altro monte, il Calvario, dove il figlio amato sarà consegnato per amore nostro.

Ma non possiamo contemplare il Figlio, non possiamo seguire le orme del Figlio, senza incontrare la Madre. Avevamo bisogno di fermarci a guardare la Madre che, come in tutte le famiglie, ci mostra la via per incontrare il Figlio. È lei, Maria di Nazareth che proprio qui a Nazareth ci ha dato Gesù e sarà lei, sul Calvario, a diventare anche la madre nostra. Solo le madri, infatti, sanno come stare accanto alla croce e solo le madri sanno dire ‘si’ alla vita con un amore fecondo.

Nel Vangelo di oggi Maria di Nazareth ci indica la via per arrivare a conoscere Gesù: sapere dire ‘si’ alla volontà di Dio, e ai suoi progetti, che sempre ci superano.

Per provare ad entrare nel mistero che celebriamo oggi, quello dell’Annunciazione del Signore, possiamo fermarci un attimo e pensare a come spesso viviamo la nostra esperienza di fede.

Noi in genere vogliamo avere in mano la nostra vita e cerchiamo da bravi cristiani di viverla secondo la volontà del Signore. Quando siamo bravi cristiani per le piccole e grandi scelte che si presentano, prima preghiamo, poi magari ci confrontiamo con la Parola di Dio, cerchiamo di capire qual è la volontà del Signore, chiediamo aiuto a qualche persona saggia, decidiamo, e infine ci sforziamo di essere fedeli e coerenti. Noi insomma facciamo tante cose, più o meno buone, e poi chiediamo al Signore che, in qualche modo, dia il suo consenso.

Il Vangelo di oggi (Lc 1,26-37) ci dice che l’esperienza della fede è un’altra cosa. La vergine Maria ne è il modello, e sulla falsariga dell’Annunciazione si dispiega ogni vita credente.

Maria riceve l’annuncio dell’angelo e improvvisamente si trova dentro di sé una vita nuova, che è Gesù. Lei stessa non sa bene come, è turbata, non capisce molto, ma ha accettato ugualmente di accogliere una vita nuova dentro di sé che ha dato un nuovo senso e un nuovo orientamento a tutta la sua esistenza.

Questo accade anche a noi credenti: la vita di Dio in noi è una vita nuova, che abbiamo dentro, non sappiamo bene neanche noi come. Ma sappiamo che abbiamo dentro una presenza che ci sostiene e ci accompagna, quando la vogliamo accogliere ed ascoltare e non la rifiutiamo. Questa presenza ci rende creature nuove, ci da una nuova vita, ci fa essere diversi.

La vita di Dio in noi è una vita impossibile da comprendere secondo i criteri umani (Lc 1, 34): maria ha ben chiaro che questa novità non può accadere in lei umanamente, naturalmente. Non è frutto dei nostri sforzi, della nostra bravura e capacità. è qualcosa di “oltre”, che viene fuori di noi.

Infatti, non avviene se non per grazia (Lc 1, 28), perché il Signore sceglie liberamente di abolire la distanza tra cielo e terra, sceglie di farsi vicino, intimo, di unire a sé la nostra vita. Grazia è un sinonimo di amore, e questo suo modo di farsi vicino è il suo modo di amarci, ciascuno personalmente.

“Grazia” e “amore” sono anche entrambi nomi che nella bibbia sono attribuiti allo Spirito Santo. Questa vita, dunque, è possibile solo se si lascia vivere lo Spirito Santo in sé.

La vita di Dio in noi accade dentro il quotidiano, l’ordinario. Il Vangelo ci parla di Maria come di una giovane donna in procinto di sposarsi, di fare una famiglia, di avere una vita normale: lì accade l’annuncio (Lc 1,27).

La vita di Dio in noi passa attraverso l’ascolto: con Maria si riapre il dialogo tra Dio e l’uomo. Dialogare non significa soltanto ascoltare, ma stare in un atteggiamento costante di accoglienza del dono dell’altro. Ascoltare significa vivere una vita che non si afferma e non si definisce da sé; è vivere di una relazione.

La vita di Dio in noi di solito porta innanzitutto sconcerto. Maria rimase turbata (Lc 1, 29), perché l’agire di Dio normalmente non corrisponde ai nostri progetti, ai nostri pensieri: se corrispondesse in tutto alle nostre previsioni, di certo non sarebbe il progetto di Dio (cfr Is 55,8). L’agire di Dio ci coglie di sorpresa, e a volte ci porta lì dove noi non vorremmo mai andare; ci chiede di rischiare, di solito non risolve i nostri problemi, anzi, a volte ne apre di nuovi…. Eppure è la nostra salvezza, anche se lo si intuisce piano piano. Quindi c’è un salto da fare, ed è il salto della fede.

Il Signore non le chiede di rinunciare a niente della sua persona, della sua intelligenza; ma vuole che tutto di lei entri in questa novità di vita. Ma non bisogna capire tutto, anzi: la vita di Dio in noi e la sua crescita dipende non da quanto capiamo, ma da quanto ci fidiamo, da quanto lasciamo spazio in noi a ciò che è più grande di noi.

è una vita feconda, e di una fecondità che rimane per la vita eterna: le nostre opere, quelle che portiamo avanti in autonomia, sono opere morte, e di esse non rimane nulla; ma chi accoglie lo Spirito del Signore genera vita eterna, genera qualcosa che non passa. Perciò “il suo regno non avrà fine” (Lc 1,33).

L’esperienza della fede è tutto questo ed altro ancora: è tutta la novità possibile, è ciò che ci rende veramente nuovi. Maria, attraversando con cuore povero e umile questa esperienza, concepisce Gesù, e il suo umile “sì” apre a Dio la possibilità di entrare tra noi, cambia la storia. Maria è la prima credente del Regno dei cieli. E quanto è accaduto a lei non ha mai cessato di accadere, e ora è per ciascuno di noi.

Noi siamo spesso paralizzati dalle nostre paure: abbiamo paura di sposarci, perché non abbiamo i mezzi sui quali contiamo o non vogliamo consegnare la nostra vita ad un altro. Abbiamo paura di fidarci degli altri. Cerchiamo di essere grandi e potenti per dire di avere influenza sugli altri e presumiamo di acquistare potere con i nostri soli mezzi. Vogliamo essere padroni della nostra vita e di avere il controllo di tutto quello che siamo e facciamo. Non vogliamo essere perdenti, insomma. Dobbiamo essere forti. Altrimenti non contiamo nulla.

Ma tutto questo, se è fatto senza il Signore o addirittura contro di Lui, non porta a nulla. Non costruisce nulla e sparisce presto. Una malattia, una difficoltà, un’incomprensione, una cattiveria può distruggere la libertà che pensiamo di esserci costruiti con i nostri mezzi.

Maria di Nazareth ci insegna attraverso la sua obbedienza umile, da quella piccola e fragile grotta che ancora veneriamo, che la nostra libertà non si acquista, ma ci è donata e nasce dalla capacità del nostro cuore di sapere dire di si con amore, consegnando la nostra vita con fiducia alle persone che amiamo, in famiglia, nella Chiesa, nella vita. Senza la presunzione di avere tutto sotto controllo e di sentirci padroni di noi stessi. Maria ci insegna che c’è più gioia e piena libertà nel consegnare il nostro cuore a chi ci ama e ha dato la sua vita per noi.

In questo nostro cammino quaresimale incontro a Cristo, vogliamo rinnovare insieme a Maria di Nazareth qui oggi il nostro ‘si’ al Signore e alla sua volontà, fidandoci di lui, sapendo e fidandoci che avremo così, come Maria, una nuova vita.

+Pierbattista Pizzaballa
Amministratore Apostolico