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Meditazione di S.B. il Patriarca Pizzaballa: XVI Domenica del Tempo Ordinario, anno A

Meditazione di S.B. il Patriarca Pizzaballa: XVI Domenica del Tempo Ordinario, anno A

XVI Domenica del Tempo Ordinario, anno A

Mt 13, 24-43

 

Continuiamo l’ascolto del capitolo 13 di Matteo, che ci propone, dopo quella del seminatore, altre tre parabole: quella del grano e della zizzania, quella del granello di senape e quella del lievito.

Tutte e tre iniziano con lo stesso incipit: “Il regno dei cieli è simile a …” (Mt 13,24.31.33), e mi sembra che rispondano ad un’unica domanda: come viene il Regno dei cieli, come si manifesta? Ma anche: come agisce il male, come cerca di ostacolare la crescita del Regno?

Nascoste tra le immagini della parabola, proprio come il seme è nascosto nel terreno, il Vangelo ci offre diverse risposte.

La prima è che il Regno, quando cresce, non spazza via il male: del buon seme è seminato nel terreno, destinato a portare un frutto buono. Ma nello stesso terreno vengono seminati altri semi, che invece occupano solo spazio, ma non portano alcun frutto.

Ci aspetteremmo che il seminatore impedisca ai due semi di crescere insieme, di convivere, ma non è così: questa è la logica dei suoi servi, ma non la sua, ed è forse questa la grande novità del Regno.

Mentre i servi escludono la possibilità che grano e zizzania, bene e male, possano convivere, per Dio è esattamente il contrario: Dio ama l’uomo donandogli il tempo, e questo tempo è necessario perché possa arrivare il momento favorevole nella vita di ognuno, quello in cui ciascuno si apre alla salvezza.

E qual è questo tempo favorevole?
Esattamente il momento in cui l’uomo apre gli occhi e vede che la zizzania è cresciuta anche nel proprio campo, come nel campo di ogni uomo: solo allora nasce nell’uomo il desiderio della salvezza, che può diventare preghiera fiduciosa e, quindi, esistenza filiale e fraterna.

Gesù, in fondo, ha fatto esattamente questo: ha ribaltato completamente l’immagine di Dio, quel Dio che in realtà tutti, ai suoi tempi, attendevano, e che spesso anche noi vorremmo. Giovanni Battista stesso aveva appena annunciato un Dio così, che, con la pala in mano, avrebbe fatto pulizia nella sua aia per raccogliere il grano buono, mentre avrebbe bruciato la paglia con un fuoco inestinguibile (Mt 3,12).

È interessante che questa, tra le tre parabole, risulta la meno comprensibile, al punto che i discepoli ne chiedono la spiegazione (Mt 13,36): per noi è difficile pensare ad un Dio che ha questo stile, sarebbe molto più facile pensare ad un Dio onnipotente, che senza indugio distrugge tutti i nemici. Non è così: la possibilità che il tempo favorevole accada nella vita è per tutti, nessuno escluso. Questa è la grande conversione che ci attende, ma questa è anche la nostra vera speranza e l’unica vera possibilità di un’esistenza libera.

Tutto questo chiede di aprirci a categorie che abitualmente non sono tra le più ambite tra gli uomini: la parabola del granello di senape (Mt 13, 31-32) ci dice che una logica di vita, come quella descritta nella parabola del grano e della zizzania, necessariamente non può sposarsi con stili grandiosi e con mezzi imponenti. Predilige invece la bellezza di ciò che è piccolo, che non si impone, che conosce l’umile legge del crescere e del divenire, la legge della vita, dell’umano.

Infine, la parabola del lievito (Mt 13, 33) conferma tutto questo: il Regno non è uno spazio recintato, dove entrano solo i buoni e i giusti, ma uno stile di vita dove si è continuamente a contatto con l’ambiguità e la complessità della vita, senza che nulla e nessuno sia ritenuto indegno dell’incontro che salva.

Le parabole, dicevamo, ci dicono anche come opera il male per impedire la crescita del Regno: il suo modo è innanzitutto quello di agire di nascosto. Mentre il buon grano è seminato di giorno, il male ha bisogno di nascondersi e di confondere: agisce di notte (Mt 13,25), approfittando di quei pertugi dove la nostra vigilanza si assopisce.

E vuole passare inosservato, cerca di non farsi riconoscere: lo stelo del grano e quello della zizzania sono in realtà molto simili…

Un’ultima osservazione: alla domanda dei discepoli che gli chiedono spiegazioni riguardo la parabola della zizzania, Gesù in realtà non risponde, non spiega (Mt 13,37-43). Dà “solo” un messaggio, ovvero che alla fine il male non prevarrà, non sarà lui a vincere. Anzi, il male alla fine scomparirà, avrà fine. Non così chi avrà accolto la logica nuova del Regno: per loro la luce continuerà a risplendere.

“Chi ha orecchi ascolti” (Mt 13, 43), conclude Gesù. Sembrerebbe una frase messa lì solo per finire il discorso, mentre forse ne è la chiave: come stare nel mondo, con le sue contraddizioni, con le sue tentazioni? Come vivere una vita esposta al male, senza rimanerne schiacciati?

Semplicemente ascoltando, lasciando che la Parola metta radici profonde: il Regno viene così.

+Pierbattista