Omelia Solennità Annunciazione
Nazareth, 8 aprile 2024
Is 7, 10-14; 8, 10; Eb 10, 4-10; Lc 1, 26-38
Fratelli e sorelle carissimi,
il Signor vi dia pace!
Quest’anno celebriamo la solennità dell’Annunciazione un po’ in ritardo, a causa della concomitanza con la Pasqua. Ma è anche questa un’occasione provvidenziale per comprendere cosa il Signore ci vuole dire. Di solito, infatti, celebriamo questa solennità durante la Quaresima, mentre quest’anno è proprio nel giorno liturgico della Pasqua. Siamo nell’ottava. Per otto giorni, cioè, celebriamo lo stesso giorno: la Pasqua, la risurrezione di Cristo. L’Incarnazione di Dio, che celebriamo oggi, ha come meta la risurrezione di Cristo. Oggi, dunque, celebriamo nello stesso giorno i due eventi principali della storia della salvezza, che sono legati l’uno all’altro: l’incarnazione e la risurrezione!
Il brano del Vangelo di oggi ci riporta al libro della Genesi. Tutti conosciamo bene il racconto della creazione. Dio ha creato l’uomo per la sua felicità, chiedendogli però di rimanere fedele. Ma l’uomo ha preferito ascoltare altre voci, la voce del Diavolo divisore, e rifiutare la proposta di Dio. E così quando Dio nel giardino lo cerca, l’uomo non si fa più trovare. La prima domanda di Dio in tutta la Bibbia è proprio: “Dove sei?” (Gen 3,9). Prima del peccato, c’era familiarità tra Dio e l’uomo. Nel giardino che aveva creato per l’uomo, Dio scendeva per passeggiare (Gen 3,8). È un modo antico per descrivere questa familiarità. Ma il peccato ha interrotto questa relazione. Dio non trova più l’uomo; l’uomo, infatti, si nasconde perché ha paura (“Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto” Gen 3,10). Non c’è più fiducia.
E la storia della salvezza non consiste in altro che riprendere continuamente le fila di questa relazione con il Signore, la fatica di ricostruire la fiducia, la fedeltà all’alleanza, di ricreare quella familiarità.
Il Vangelo di oggi è la risposta a questo desiderio di familiarità. Maria non si nasconde come Adamo ed Eva del giardino, ed entra in dialogo con Dio. Quando Dio la cerca, la sua risposta non è la paura. In lei c’è certo il turbamento, c’è il timore, perché sente il peso di questa sproporzione, tra lei e Dio. Ma questo non le impedisce di ascoltare. La richiesta di Dio comporta tanti problemi dal punto di vista umano: chi avrebbe potuto comprendere un mistero del genere? Giuseppe l’avrebbe ripudiata, ci sarebbe stato uno scandalo… erano tante e valide le ragioni sociali e familiari per declinare questa richiesta.
Maria, invece, si lascia convincere dalla verità di Dio, da ciò che Dio le dice, e cioè semplicemente di non aver paura: “Non temere, perché hai trovato grazia presso Dio” (Lc 1,30). Come la paura è il frutto del peccato, la fiducia è il frutto della grazia. Questa è la cosa nuova, la nuova creazione che Dio compie in Maria, una donna nuovamente capace di fidarsi di Dio.
Per cui Maria dice “sì” ad essere ciò per cui l’uomo era stato creato in principio, luogo della Parola, terra che accoglie la Parola di Dio.
La solennità di oggi ci dice che questo passaggio dalla paura alla fiducia, dalla solitudine alla relazione, è possibile per grazia. Non è possibile per un eventuale sforzo dell’uomo che, da solo, riesce a ristabilire una relazione giusta con Dio, ma perché Dio stesso sceglie una creatura e la rende capace di nuovo di una relazione piena con Lui, una relazione libera dalle conseguenze del peccato. Una creatura capace di nuovo, semplicemente, di fidarsi.
Gesù con la Pasqua completerà l’opera iniziata con il “si” di Maria. Con la sua obbedienza al padre ristabilisce una volta per tutte la nuova creazione e dona al mondo una nuova vita. Il Vangelo di oggi, dunque, ci parla di un “si” alla fede e alla fiducia anche in ciò che sembra umanamente impossibile, di un “si” all’ascolto, nonostante il turbamento, di un “si” alla vita anche quando questo creerà problemi di ogni genere, senza paura.
Sono indicazioni di vita importanti per tutti noi e soprattutto in questo tempo dove la fiducia è una delle principali vittime di questa guerra. Maria ci insegna a dire “si” con una fiducia sconfinata a quello che verrà, perché si fida di Dio. Non sarà facile. Gli verrà detto quasi subito che “una spada ti trafiggerà l’anima” (Lc 2,35). Ma resterà fedele al suo “si” iniziale.
Esiste un regno, che è cominciato proprio con quel “si” e che raggiunge il suo compimento con la Pasqua di Cristo, che oggi celebriamo, dove il Signore della vita trionfa, dove la pace è donata da mani e cuori feriti ma non vinti, dove la morte giace svuotata come i teli del sepolcro.
Questa non è alienazione né fuga astratta dalla realtà. Questa è fiducia incrollabile in Cristo risorto il quale, se ci manda come agnelli tra lupi, ci assicura anche che la vittoria sulla morte è decisa.
La fede pasquale ha anche essa le sue armi. Come ci ha ricordato Paolo scrivendo ai Colossesi, “se siete risorti con Cristo … rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra” (3,1-2). Non si tratta di favorire il disprezzo delle realtà terrene, dimenticandoci di questo mondo di sofferenze, di ingiustizie, di peccati, per vivere in anticipo in un paradiso celeste. Si tratta invece di combattere una guerra spirituale, di evitare “le cose della terra”. Si tratta di combattere in noi e attorno a noi, contro una visione della vita e dei rapporti che preferisce la violenza, la prepotenza, la sopraffazione. Si tratta di diventare, oggi più che mai, uomini e donne nuovi, che rinunciano alle vecchie e solite logiche e si rivestono di Cristo. Si tratta così di fare nostri i sentimenti di Cristo : «sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri (...). Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto» (Col 3,12-14).
E questa è la via non solo per trasformare noi stessi, ma per trasformare il mondo, per dare alla città terrena un volto nuovo che favorisca lo sviluppo dell'uomo e della società secondo la logica della solidarietà, della bontà, nel profondo rispetto della dignità propria di ciascuno.
È ciò di cui abbiamo bisogno, oggi più che mai, in questo nostra Terra Santa. Fidarsi di Dio, significa essere capaci di tornare a fidarsi dell’altro, di avere il coraggio del dono di sé, di opporre gesti di pace e riconciliazione e chi vuole imporre logiche di violenza e di rifiuto.
Cari fratelli e sorelle, combattiamo anche noi con Cristo la buona battaglia della fede. La Vergine Santa oggi invita tutti noi a opporci alle potenze della morte con la nostra umile ma ferma testimonianza di amore, di donazione, di perdono e di riconciliazione, dicendo “sì” alla volontà di Dio. Il Battesimo ci ha resi cittadini del cielo non meno di quanto la nostra nascita ci ha resi cittadini di questa amata e martoriata terra. Illuminiamo con la luce della Pasqua le tenebre del mondo, tenendo accesa la nostra lampada in attesa di partecipare tutti alla vittoria pasquale di Cristo sul male e sulla morte.
Possa la vergine Santissima intercedere per tutti noi e dare a tutte le nostre famiglie la gioia, l’amore e l’entusiasmo di ripetere oggi ancora una volta, con fiducia, “si” al Signore, “si” a chi amiamo, si al nostro prossimo.
Buona festa a tutti!
+ Pierbattista